Il comitato della legge popolare consegna alla presidente della Camera le 50 mila firme raccolte. Pd, Sel e 5 stelle sono favorevoli a un disegno di legge
Fino a un mese fa una maggioranza parlamentare favorevole all’introduzione del reddito minimo garantito in Italia, unico paese europeo insieme alla Grecia a non avere questa misura, sembrava una pazza idea. Ieri invece, in un’assolata piazza Montecitorio, la follia iniziale della proposta ha mostrato qualche traccia di ragionevolezza. Quando la delegazione delle 170 associazioni che ha raccolto più di 50 mila firme per presentare la legge di iniziativa popolare sul reddito ha conquistato il centro della piazza, a favore degli obiettivi dei fotografi, ad attenderli c’era una «strana» maggioranza di deputati composta da Sel (che insieme a Rifondazione, Comunisti Italiani e Verdi ha raccolto le firme), il Pd con Marianna Madia e Danilo Leva (insieme hanno depositato una proposta di legge sul «reddito minimo di cittadinanza») e una mezza dozzina di deputati del Movimento 5 Stelle. La photo-opportunity è quella che meno ti aspetti, dopo il gran rifiuto di Grillo di appoggiare un governo Bersani, con le commissioni parlamentari ancora ferme al palo. Nemmeno le mail dei deputati sono state attivate. Insomma, nel Palazzo «si sta come d’autunno sugli alberi le foglie». Da destra verso sinistra di questa foto, e anche fuori dall’obiettivo perché i pentastellati sono rimasti vicino a una delegazione del No Muos di Niscemi, è già possibile individuare chi tra i tre gruppi parlamentari si è detto disponibile a discutere su una legge sul reddito minimo a partire dalla proposta di legge popolare che ieri è stata presentata alla presidente della Camera Laura Boldrini.
Prima di sciogliersi, il deputato 5 stelle Marco Baldassarre, annota su un foglio bianco i cellulari e le mail personali dei deputati Pd e Sel. Si incontreranno già da domani in una sala della Camera, in attesa delle convocazione delle commissioni. «La nostra proposta è in linea con quella del comitato – ha confermato il deputato 5 stelle Gianluca Vacca – il problema sono le Commissioni e non permettono di discutere le leggi e i progetti che i diversi partiti hanno in comune». «Io sono per avviare le commissioni, a differenza della linea presa dal mio partito – ha detto Madia del Pd – secondo me c’è in questo Parlamento una maggioranza che le cose vuole farle, e cambiarle sul serio». Incontrando i promotori della raccolta firme, la presidente della Camera Laura Boldrini ha ribadito che, dopo l’elezione del presidente della Repubblica, insisterà con il presidente del Senato Grasso affinché il lavoro delle commissioni inizi una volta per tutte. L’iniziativa popolare sul reddito, e la disponibilità di tre gruppi a presentare un disegno di legge, può essere l’occasione per proporre una riforma del regolamento della Camera, in particolare il punto che riguarda le leggi di iniziativa popolare. In accordo con l’orientamento indicato da Stefano Rodotà nella «costituente dei beni comuni» tenuta a battesimo al teatro Valle sabato scorso, anche la presidente Boldrini intende assicurare «un iter più veloce, la certezza che saranno prese in esame dalle commissioni, garantendo la possibilità per i proponenti di partecipare ai lavori». Alla delegazione, Boldrini ha assicurato di «condividere il senso di questa iniziativa. Quella sul reddito minimo è una battaglia che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale». All’uscita dalla Camera, Sandro Gobetti del Basic Income Network-Italia (Bin), una delle associazioni che ha promosso la raccolta delle firme, non nasconde la propria soddisfazione: «Oggi è emerso che la base di partenza per istituire questa legge in Italia è la nostra proposta – ha detto – un accordo tra i tre gruppi parlamentari di peso potrebbe accelerare l’iter burocratico riservato alle iniziative di legge popolare». Luca Santini, che del Bin è il presidente, ha risposto a chi gli ha posto le classiche domande su come evitare gli abusi e le truffe e sul reperimento delle risorse (calcolate tra gli 8 e i 10 miliardi di euro all’anno per 600 euro mensili, 7200 annui per disoccupati, inoccupati e precari): «È una scelta politica. Non è che si nega un diritto perché ci possono essere abusi. Naturalmente va ripensata tutta la struttura della gestione».
A favore dell’istituzione del reddito minimo si è espresso Paolo Ferrero (Rifondazione) e Nichi Vendola: «Il reddito è uno strumento per consentire alle fasce sociali più precarizzate una vità più dignitosa e senza ricatti». Per segnalare l’eccezionalità della giornata, ieri è intervenuto il confondatore del movimento 5 stelle, Gianroberto Casaleggio: «la cassa integrazione non fa parte dei tagli cui stiamo pensando, se non sostituita da altre forme di assistenza come può essere il reddito di cittadinanza che resta un punto di partenza». Pazza idea I promotori chiedono l’avvio immediato di un iter parlamentare. «È una battaglia che ho portato avanti con più convinzione in campagna elettorale», assicura Laura Boldrini.
Articolo pubblicato da Il Manifesto il 16 aprile 2013 a firma di ROberto Ciccarelli.